La Pgi Bregaglia prosegue la collaborazione con la Casa della Letteratura della Svizzera Italiana.
Dopo l'incontro nel 2022 (in anteprima di stagione) con ospite Alessio Pizzicannella, moderato da Flavio Stroppini, per il 2023 gli ospiti saranno Sara Catella e Mario Casella, in dialogo col giornalista della RSI Massimo Zenari.
Scopo di questa collaborazione è quello di allargare i confini geografici per costruire un concetto di italianità svizzera a tutto campo. La modalità scelta è quella di un incontro annuale con uno scrittore o una scrittrice , capace di illustrare le novità editoriali e i personaggi di rilievo della letteratura svizzero italiana recente.
Dopo l'incontro nel 2022 (in anteprima di stagione) con ospite Alessio Pizzicannella, moderato da Flavio Stroppini, per il 2023 gli ospiti saranno Sara Catella e Mario Casella, in dialogo col giornalista della RSI Massimo Zenari.
Scopo di questa collaborazione è quello di allargare i confini geografici per costruire un concetto di italianità svizzera a tutto campo. La modalità scelta è quella di un incontro annuale con uno scrittore o una scrittrice , capace di illustrare le novità editoriali e i personaggi di rilievo della letteratura svizzero italiana recente.
Le Malorose - Sara Catella
In un’isolata Valle di Blenio di inizio Novecento, la levatrice Caterina Capra è chiamata al capezzale di don Antonio, parroco di Corzoneso, che per un male sconosciuto ha perso l’uso della parola.
Abituata a trattare i corpi sofferenti delle donne, quelle «malorose» che aiuta a partorire o qualche volta a «liberarsi», nella quiete della stanza del malato Caterina tenta di scacciare l’imbarazzo raccontando a voce alta quel che si chiede preoccupata la gente. E adesso chi li battezzerà i neonati? Chi leverà alle madri l’impurità del parto? È vero che procreare in un paese senza prevosto porta male?
Di fronte al prete inerte e muto, col passare dei giorni Caterina si fa coraggio e, cosciente dell’eccezionalità della situazione, comincia a incalzarlo con pensieri e domande che la tormentano. Come è possibile che alla messa si parli sempre e solo di peccato e si taccia il resto? La vede, don Antonio, la miseria nera, la paura di restare incinte, la vergogna del sangue tra le gambe? La voce schietta e vigorosa della levatrice sale e si gonfia pagina dopo pagina, occupando tutto il silenzio della stanza e accogliendo in sé le voci e le disgrazie delle molte donne che ha incontrato negli anni. È forse per questo dolore antico che il monologo di Caterina prende a tratti il carattere di un corale j’accuse, una protesta non priva – per noi che crediamo di vivere in un altro mondo – di una sorprendente attualità.
In un’isolata Valle di Blenio di inizio Novecento, la levatrice Caterina Capra è chiamata al capezzale di don Antonio, parroco di Corzoneso, che per un male sconosciuto ha perso l’uso della parola.
Abituata a trattare i corpi sofferenti delle donne, quelle «malorose» che aiuta a partorire o qualche volta a «liberarsi», nella quiete della stanza del malato Caterina tenta di scacciare l’imbarazzo raccontando a voce alta quel che si chiede preoccupata la gente. E adesso chi li battezzerà i neonati? Chi leverà alle madri l’impurità del parto? È vero che procreare in un paese senza prevosto porta male?
Di fronte al prete inerte e muto, col passare dei giorni Caterina si fa coraggio e, cosciente dell’eccezionalità della situazione, comincia a incalzarlo con pensieri e domande che la tormentano. Come è possibile che alla messa si parli sempre e solo di peccato e si taccia il resto? La vede, don Antonio, la miseria nera, la paura di restare incinte, la vergogna del sangue tra le gambe? La voce schietta e vigorosa della levatrice sale e si gonfia pagina dopo pagina, occupando tutto il silenzio della stanza e accogliendo in sé le voci e le disgrazie delle molte donne che ha incontrato negli anni. È forse per questo dolore antico che il monologo di Caterina prende a tratti il carattere di un corale j’accuse, una protesta non priva – per noi che crediamo di vivere in un altro mondo – di una sorprendente attualità.
Senza scarpe - Mario Casella
Una narrazione coinvolgente che incrocia la voce del figlio Saulle con la ricostruzione della vita di Roberto Donetta, padre irrequieto e sempre indebitato, contadino della Valle di Blenio, venditore ambulante di sementi, cameriere e poi fotografo.
Roberto Donetta (1865-1932) diventò noto solo una quarantina d’anni fa, grazie al ritrovamento di oltre cinquemila lastre fotografiche da lui realizzate sull’arco di un trentennio. Il recupero di quel tesoro iconografico ha fatto passare in secondo piano un’altra incredibile scoperta: quasi trecento pagine manoscritte in cui l’estroverso bleniese aveva annotato le sue riflessioni e ricopiato gli scritti letterari e scientifici che più lo avevano colpito. Con questi registri personali sono emerse anche decine di lettere e parte della corrispondenza con i suoi sei figli. Dagli scritti del testardo e semicolto Robertón emerge la coscienza della sua diversità nel contesto rurale della valle in cui viveva.
Fu la caparbietà del montanaro a tenerlo in vita anche nelle peggiori avversità. Lì tra le sue montagne, come scrisse in una delle ultime lettere a Saulle, l’unica risorsa in cui si può e si deve credere è la terra (La terra c’è sempre). Solo quella può garantire da mangiare ogni giorno. Con il passare del tempo però l’egocentrismo e la frustrazione per l’incapacità di strappare dalla miseria la famiglia provocarono la dolorosa rottura con la moglie Linda e con i figli. Saulle fu l’unico che riuscì a stargli vicino per ancora un po’ di anni.
Un romanzo biografico fatto di solitudine e povertà, ma che documenta anche una vita anomala ed eccezionale nel Ticino di fine Ottocento e primo Novecento.
Una narrazione coinvolgente che incrocia la voce del figlio Saulle con la ricostruzione della vita di Roberto Donetta, padre irrequieto e sempre indebitato, contadino della Valle di Blenio, venditore ambulante di sementi, cameriere e poi fotografo.
Roberto Donetta (1865-1932) diventò noto solo una quarantina d’anni fa, grazie al ritrovamento di oltre cinquemila lastre fotografiche da lui realizzate sull’arco di un trentennio. Il recupero di quel tesoro iconografico ha fatto passare in secondo piano un’altra incredibile scoperta: quasi trecento pagine manoscritte in cui l’estroverso bleniese aveva annotato le sue riflessioni e ricopiato gli scritti letterari e scientifici che più lo avevano colpito. Con questi registri personali sono emerse anche decine di lettere e parte della corrispondenza con i suoi sei figli. Dagli scritti del testardo e semicolto Robertón emerge la coscienza della sua diversità nel contesto rurale della valle in cui viveva.
Fu la caparbietà del montanaro a tenerlo in vita anche nelle peggiori avversità. Lì tra le sue montagne, come scrisse in una delle ultime lettere a Saulle, l’unica risorsa in cui si può e si deve credere è la terra (La terra c’è sempre). Solo quella può garantire da mangiare ogni giorno. Con il passare del tempo però l’egocentrismo e la frustrazione per l’incapacità di strappare dalla miseria la famiglia provocarono la dolorosa rottura con la moglie Linda e con i figli. Saulle fu l’unico che riuscì a stargli vicino per ancora un po’ di anni.
Un romanzo biografico fatto di solitudine e povertà, ma che documenta anche una vita anomala ed eccezionale nel Ticino di fine Ottocento e primo Novecento.
Sara Catella è nata a Lugano nel 1980. Dopo il liceo che frequenta a Como, studia Lettere e filosofia all’università Statale a Milano. Si trasferisce a Berna con il marito e i tre figli nel 2013. Si laurea all’istituto letterario svizzero di Bienne. Le malorose è il suo lavoro di diploma. Oggi sta terminando un master in scrittura e traduzione letteraria a Berna, città dove vive.
Mario Casella (1959) è giornalista, guida alpina, autore di documentari e di libri. Dopo un lungo periodo in cui ha lavorato per la Radiotelevisione svizzera di lingua italiana (RSI), ha privilegiato la sua attività indipendente di guida alpina, di realizzatore di documentari e di scrittore. Al centro di queste produzioni vi è sempre la montagna intesa non solo come terreno d’avventura, ma soprattutto come un pianeta ricco di storie umane da scoprire e raccontare.
Nella sua produzione letteraria spiccano alcuni volumi che hanno ricevuto importanti riconoscimenti e che sono stati tradotti anche in tedesco e in francese.
Tra questi sono degni di nota “Nero-Bianco-Nero. Un viaggio tra le montagne e la storia del Caucaso” ed. Capelli (Premio ITAS Trento 2013), “Il peso delle ombre” ed. Capelli (secondo premio Leggimontagna 2018 e menzione Premio Mazzotti 2018) e “Oltre Dracula. Un cammino invernale nei Carpazi” ed. Ediciclo (Premio Cortina 2019).
Massimo Zenari, Dopo gli studi letterari e musicologici, ha insegnato filologia romanza all’Università di Friburgo. Dal 2008 lavora alla Rete Due della Radiotelevisione svizzera come redattore culturale e musicale e, parallelamente, continua a occuparsi di Petrarca, metrica e poesia per musica.
Nella sua produzione letteraria spiccano alcuni volumi che hanno ricevuto importanti riconoscimenti e che sono stati tradotti anche in tedesco e in francese.
Tra questi sono degni di nota “Nero-Bianco-Nero. Un viaggio tra le montagne e la storia del Caucaso” ed. Capelli (Premio ITAS Trento 2013), “Il peso delle ombre” ed. Capelli (secondo premio Leggimontagna 2018 e menzione Premio Mazzotti 2018) e “Oltre Dracula. Un cammino invernale nei Carpazi” ed. Ediciclo (Premio Cortina 2019).
Massimo Zenari, Dopo gli studi letterari e musicologici, ha insegnato filologia romanza all’Università di Friburgo. Dal 2008 lavora alla Rete Due della Radiotelevisione svizzera come redattore culturale e musicale e, parallelamente, continua a occuparsi di Petrarca, metrica e poesia per musica.