La voce di Franca Mancinelli, tra le più intense e originali della poesia italiana contemporanea, si affida a un difficilissimo equilibrio, tra esattezza del dettato e concentrazione semantica, ottenuta con l’esercizio costante di due forze complementari, quella che accentua e amplifica e quella che elimina e abrade.
L’esattezza agisce a tutti i livelli: nella formulazione del singolo verso, nella miscela di immagini e giri sintattici, ma anche nella strutturazione calcolatissima delle sezioni, dei raccordi e persino delle pagine bianche, su cui si accampano minuscole, perfette spirali. Per raggiungere questa giustezza espressiva, l’autrice ha dovuto operare neurochirurgicamente sulla propria scrittura, condensando il senso e eliminando tutto il superfluo: non a caso il titolo felice dell’opera, Tutti gli occhi che ho aperto, denuncia il prezzo pagato nel verso che gli fa seguito, sono i rami che ho perso. Queste poesie nascono da un’urgenza tangibile che non si fa mai aperta confessione: urgenza privata, biografica, e urgenza etica, sempre riferita alle zone più fragili, più terribili della nostra vita, associata o dissociata, dove è giorno, il vento / non si alzerà. Da qui, Franca Mancinelli parla per brevi frammenti, si oppone alla dissoluzione e al silenzio con la forza del niente / del non avuto mai / niente da barattare. Lungo questa via perigliosa, i gesti ricompongono una lingua / si allaccia al mio corpo un’armatura.
(Fabio Pusterla)
L’esattezza agisce a tutti i livelli: nella formulazione del singolo verso, nella miscela di immagini e giri sintattici, ma anche nella strutturazione calcolatissima delle sezioni, dei raccordi e persino delle pagine bianche, su cui si accampano minuscole, perfette spirali. Per raggiungere questa giustezza espressiva, l’autrice ha dovuto operare neurochirurgicamente sulla propria scrittura, condensando il senso e eliminando tutto il superfluo: non a caso il titolo felice dell’opera, Tutti gli occhi che ho aperto, denuncia il prezzo pagato nel verso che gli fa seguito, sono i rami che ho perso. Queste poesie nascono da un’urgenza tangibile che non si fa mai aperta confessione: urgenza privata, biografica, e urgenza etica, sempre riferita alle zone più fragili, più terribili della nostra vita, associata o dissociata, dove è giorno, il vento / non si alzerà. Da qui, Franca Mancinelli parla per brevi frammenti, si oppone alla dissoluzione e al silenzio con la forza del niente / del non avuto mai / niente da barattare. Lungo questa via perigliosa, i gesti ricompongono una lingua / si allaccia al mio corpo un’armatura.
(Fabio Pusterla)
Lo SPAZIOBIANCO è lo spazio del foglio che è attorno alla poesia, il non detto, ciò che è ancora da dire, che va scoperto o che deve restare celato: è ciò che non è ancora contenuto dalla pagina o è da leggersi tra le righe. Uno spazio aperto, abitabile, in divenire. SPAZIOBIANCO è la rassegna di poesia curata da Jordi Valentini e Mattia Bettoni: ospiterà sia poeti contemporanei viventi che poetiche a noi più lontane (per tempo o per cultura di provenienza).
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Franca Mancinelli è autrice dei libri di poesia Mala kruna (Manni, 2007, premio opera prima Laudomia Bonanni e Giuseppe Giusti), Pasta madre (con una nota di Milo De Angelis, Nino Aragno, 2013, premio Alpi Apuane, Carducci, Ceppo- giovani), Libretto di transito (Amos Edizioni, 2018), uscito nello stesso anno con traduzione inglese di John Taylor, con il titolo The Little Book of Passage (The Bitter Oleander Press, Fayetteville, New York). Una silloge di suoi testi è compresa in Nuovi poeti italiani 6 (Einaudi, 2012) e, con introduzione di Antonella Anedda, in Poesia contemporanea. Tredicesimo quaderno italiano (Marcos y Marcos, 2017).
Traduzioni di suoi testi sono apparse su riviste e antologie straniere. Ha partecipato ad alcuni progetti internazionali, tra cui Chair Poet in Residence (Calcutta, 2019). Dal progetto Refest – Images and Words on Refugee Routes (2018) è nato Taccuino croato, ora in Come tradurre la neve (AnimaMundi Edizioni, 2019). Nel 2019 è uscito, con traduzione inglese di John Taylor, un volume che raccoglie i suoi primi due libri e alcuni inediti, At an Hour’s Sleep from Here. Poems (2007-2019), (The Bitter Oleander Press). Del
Jordi VALENTINI è nato a Lugano, nel 1994; è dottorando presso l'Università degli Studi di Torino, dove si occupa di poesia e militanza negli anni Settanta. Si interessa principalmente di poesia del secondo Novecento e di critica delle varianti. Attualmente è redattore della rivista «Cenobio» e collabora con la Casa della Letteratura per la Svizzera italiana (Lugano), come co-curatore della rassegna SpazioBianco.
Mattia BETTONI è nato a Lugano nel 1995. Si laurea nel luglio del 2018 in Letteratura e filologia italiane presso l’Università degli studi di Friburgo dove è stato per due anni presidente del Comitato degli studenti di Italiano occupandosi dell’organizzazione di diversi eventi letterari. A dicembre del 2020 consegue il Master in Lingua, Letteratura e Civiltà italiane presso l’Università della Svizzera italiana laureandosi con un commento a Come un’allegoria di Giorgio Caproni. Dirige, assieme a Jordi Valentini, la rassegna di poesia contemporanea della Casa della Letteratura per la Svizzera italiana chiamata SPAZIOBIANCO. Al momento sta redigendo un progetto di dottorato dedicato all’opera poetica di Giovanni Orelli.
Traduzioni di suoi testi sono apparse su riviste e antologie straniere. Ha partecipato ad alcuni progetti internazionali, tra cui Chair Poet in Residence (Calcutta, 2019). Dal progetto Refest – Images and Words on Refugee Routes (2018) è nato Taccuino croato, ora in Come tradurre la neve (AnimaMundi Edizioni, 2019). Nel 2019 è uscito, con traduzione inglese di John Taylor, un volume che raccoglie i suoi primi due libri e alcuni inediti, At an Hour’s Sleep from Here. Poems (2007-2019), (The Bitter Oleander Press). Del
Jordi VALENTINI è nato a Lugano, nel 1994; è dottorando presso l'Università degli Studi di Torino, dove si occupa di poesia e militanza negli anni Settanta. Si interessa principalmente di poesia del secondo Novecento e di critica delle varianti. Attualmente è redattore della rivista «Cenobio» e collabora con la Casa della Letteratura per la Svizzera italiana (Lugano), come co-curatore della rassegna SpazioBianco.
Mattia BETTONI è nato a Lugano nel 1995. Si laurea nel luglio del 2018 in Letteratura e filologia italiane presso l’Università degli studi di Friburgo dove è stato per due anni presidente del Comitato degli studenti di Italiano occupandosi dell’organizzazione di diversi eventi letterari. A dicembre del 2020 consegue il Master in Lingua, Letteratura e Civiltà italiane presso l’Università della Svizzera italiana laureandosi con un commento a Come un’allegoria di Giorgio Caproni. Dirige, assieme a Jordi Valentini, la rassegna di poesia contemporanea della Casa della Letteratura per la Svizzera italiana chiamata SPAZIOBIANCO. Al momento sta redigendo un progetto di dottorato dedicato all’opera poetica di Giovanni Orelli.